Puglia, le sommelier Gianna Dimagli e Maddalena Nuzzi si raccontano e ci racconto i loro vini del cuore
La coltivazione della vite in Puglia รจ antica e risale all’epoca fenicia, ma furono i Romani che apprezzarono per primi i vini pugliesi, tanto che il Poeta Orazio li paragonava al Falerno, considerato allora il migliore tra i vini in circolazione. La viticoltura della Puglia oggi รจ rappresentata soprattutto per i suoi vitigni autoctoni a bacca rossa come il Negroamaro o il Primitivo, ma anche piccole realtร come quella dellโUva di Troia.
Dai racconti di due Sommelier pugliesi impariamo a conoscere meglio i loro vitigni autoctoni del cuore: Primitivo e Uva di Troia.
Gianna Dimagli e il suo Primitivo di Manduria
Sono laureata in lingue moderne e sognavo di fare l’insegnante. Poi, un po’ per caso, mi si รจ presentata una strana occasione, la curiositร mi ha spinto a coglierla e ho stravolto i miei piani. In una storica azienda vinicola di Manduria cercavano un’interprete. Ho accettato la sfida ed รจ lรฌ che mi si รจ aperto un mondo. ร iniziata cosรฌ una collaborazione professionale con una realtร aziendale a cui, in veritร , devo molto. Ho messo a riposo la sete di letteratura per frequentare il corso AIS diventando prima Sommelier e successivamente Degustatore Ufficiale. Ho avuto modo di accogliere e guidare in degustazione migliaia di turisti di svariate nazionalitร , ai quali ho raccontato pezzi di storia e di tradizione nascosti in un calice di vino in quattro lingue diverse. Metto la mia professionalitร al servizio delle aziende vinicole che credono fortemente nell’enoturismo e racconto ai wine lovers la qualitร dei nostri vini e la diversificazione dei vitigni autoctoni. Ogni evento enoico, ogni wine tour รจ un’impagabile opportunitร per divulgare tutto quanto si cela all’interno di un calice. Il vino รจ un sorso di cultura e come tale va presentato, e il Sommelier รจ un latore di conoscenza come connubio tra comunicazione efficace ed esperienza sensoriale.

I miei nonni erano agricoltori, dunque il primo incontro ravvicinato con il Primitivo di Manduria รจ avvenuto presto. D’estate, in campagna, si assisteva ogni giorno ai progressi degli alberelli in vigna, poi arrivava la fine di agosto e il reclutamento per la vendemmia: momento dirimente per gli adulti, pressochรฉ ludico per i nipoti. La vendemmia interessava solo il Primitivo (in dialetto โPrimatiuโ), per il resto bisognava attendere qualche settimana. Ho fantasticato a lungo sul nome di questo vitigno: pensavo che avesse a che fare con ominidi, caverne e graffiti, non di certo con la maturazione precoce e la vendemmia anticipata. Anche la cantina ha sempre avuto un fascino misterioso. Talvolta, durante le scorribande in cortile, scendevamo a visitare quel luogo โsacroโ con pareti bianco latte, decine di capasoni di diversa dimensione e profumo alcolico. A tavola poi, l’assaggio per tutti era un rito. I piรน piccoli intingevano un dito nel vino per cominciare giร in tenera etร ad apprezzarne le caratteristiche. Era rosso porpora, aveva un profumo intenso e un grado alcolico che รจ in grado di restituire il sorriso anche ai piรน imbronciati. Una sola macchia sulla tovaglia segnava irrimediabilmente la colorazione originale del tessuto.
Il Primitivo รจ versatile: ben si presta ad essere vinificato in rosso e in rosato, affinato in bottiglia o in legno. Consiglio spesso l’abbinamento regionale. Adoro il rosato che accompagna cozze e crostini di pane fritto, fave calde con cicorie selvatiche, acquasale, monacelle alla pugliese, fave fritte e pettole. Il Primitivo giovane va a braccetto con pizzarieddi e orecchiette al sugo di carne con cacio ricotta o sagne torte con pomodorini scattarisciati. Se strutturato e affinato in legno, preferisco polpette e brasciole al sugo, agnello alle erbe aromatiche con patate al forno o gnummarieddi. Dulcis in fundo la nostra DOCG: il Dolce Naturale, con profumi di marasca, frutta in confettura e finale ammandorlato, da abbinare a dolcetti in pasta di mandorle, scarcelle e pastarelle.
Il mio motto โCadendo, la goccia scava la pietra. Non per la sua forza, ma per la sua costanzaโ. (Lucrezio)
Maddalena Nuzzi e il suo Nero di Troia
Maddalena Nuzzi, Sommelier pugliese, il 2004 รจ stato, per lei, lโanno di svolta, quando si iscrisse ad un corso per sommelier conclusosi nel 2006. Innamorata della sua terra e dei suoi vitigni autoctoni che regalano meravigliosi vini, ma il coup de coeur รจ stato con il Nero di Troia un vitigno carico di personalitร . Un racconto e una storia che fondano le radici in un sogno di bambina.
Ma, voi credete al fato? Io Si! Nulla accade per caso e la parola โsommelierโ era scritta nel mio destino. Avevo 8 anni e una mattina svegliandomi corsi da mia madre e le dissi: โmamma devo raccontarti un sogno che ho fatto! Ero a spasso con zio Antonio e mi accorgo di un muro di cinta bianco, chiedo a zio di farmi salire sulle sue spalle per guardare al di lร del muro. Vedo un giardino con tanti filari di uva rossa; dico a zio di entrare ma una volta dentro un signorotto ottocentesco ci viene incontro e dice: non รจ ancora il momento, vi prego di uscire”.
Da quel giorno, e per i 16 anni a seguire, la mia vita scorre in modo regolare, studi classici e poi la Facoltร di Giurisprudenza, ma per amore avviene una deviazione e mi ritrovo nella babele della ristorazione. Il mio Sandro era sempre in giro: discoteche, alberghi, sale ricevimento; per lui niente vacanze, niente fine settimana ed io con lui. Ma il lavoro ad un certo punto mi sembrรฒ sterile e monotono, salvo quando mi ritrovavo a stappare una bottiglia di vino. Allora tutto cambiava, la monotonia si trasformava in curiositร e la curiositร mi ha portato all’universo del vino.
Tante le esperienze lavorative con e senza tastevin al collo, ma il momento piรน entusiasmante รจ stata una degustazione di vitigni autoctoni pugliesi: Primitivo, Negramaro e Nero di Troia prodotti in purezza. In quell’occasione le mie papille diventeranno dinamiche, ma si arresero all’assaggio dei vini ottenuti dal Nero di Troia. Incerte sono le origini di questa varietร , ma la prima volta che la denominazione Uva di Troia compare in documenti ufficiali รจ negli scritti ampelografici del 1875 a firma del prof. Frojo, direttore della Cantina Sperimentale di Barletta che ribattezzรฒ il vitigno, allora denominato Vitigno di Canosa, in Uva di Troia. I vini ottenuti da questo vitigno sono prodotti di grande struttura, ricchi sia di tannini sia di polifenoli, dichiarata intensitร gustolfattiva e un grande frutto: more, ribes, lamponi, ciliegie, prugne rosse, vivacitร nelle nuances; da accompagnarsi a carni in salsa e pecorini della Murgia.
In quella serata la mia mente tornรฒ a quel sogno premonitore, a quei filari nel giardino oltre il muro che mi piace immaginare fossero di Nero di Troia. La tanta, troppa, fatica insita nel DNA del lavoro della ristorazione svanisce e impera solo il piacere dello stesso, insieme a quello che spesso ti porta a tornare a casa col nascere del giorno.
Da qui il mio motto: โFai quello che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vitaโ (Confucio).
Contributo raccolto a cura di Camilla Guiggi, giornalista e Donna del Vino