Collio bianco e Vitovska raccontati dalle sommelier

Collio bianco e Vitovska raccontati dalle sommelier

Collio bianco e Vitovska raccontati da  Donatella Briosi e Liliana Savioli, due Sommelier non autoctone, che hanno fatto del Friuli Venezia Giulia la loro Regione di adozione. Qui hanno imparato ad amare i vini di questa terra famosa per i suoi vini bianchi, una terra legata da sempre al vino e alle tradizioni.

Donatella Briosi
Donatella Briosi

Donatella Briosi e il Collio Bianco
Sono arrivata in Friuli, a Udine, dall’Abruzzo nel 1988. In casa, a Pescara, era papà che apprezzava i buoni vini ed il buon bere ma senza una conoscenza appropriata. Ha girato l’Italia per lavoro e quando potevo, lo accompagnavo sempre volentieri. In ogni ristorante dove andava alla domanda: “Che vino desidera?” la sua risposta era sempre la stessa “ Quello che beve lei, il migliore spero!”. Sto parlando degli anni ‘50 e ‘60, in pieno boom economico, quando, in molti ristoranti, era ancora il proprietario ad accogliere i clienti. Appena arrivata a Trieste mi ritrovo con degli amici in un bel ristorante sulle Rive, specialità pesce e, per cavalleria, le persone che mi avevano invitata mi chiesero di scegliere il vino che preferivo. Non ebbi un attimo di esitazione: “Quello che berrebbe lei” dissi al titolare, il quale, ovviamente, ci portò un vino locale, ottimo; rinomato per loro, sconosciuto per me, di un produttore della Regione. Subito dopo averlo assaggiato mi si aprì un mondo che non conoscevo sui vini di quella che, poco dopo, sarebbe diventata la mia Regione di adozione. Avevo appena fatto la conoscenza di un vino particolare, un uvaggio, seppi, poi, famoso nel mondo. In Abruzzo avevamo allora solo due vitigni, il Trebbiano ed il Montepulciano dai quali si ottenevano 3 vini: il Bianco, il Cerasuolo ed il Rosso. Restai lungamente con il sapore ed il ricordo di quel magnifico vino ottenuto da addirittura da 5 vitigni…indimenticabile! Fu allora che capii che mi sarebbe piaciuto saperne di più e così, qualche anno dopo, decisi di iscrivermi al corso di Sommelier. Rimasi affascinata a tal punto che non mi fermai, degustatore, assaggiatore, viaggi studio in Italia ed all’estero…domande di lavoro per Vinitaly, …ormai la mia nuova vita era tracciata, sapevo quello che mi piaceva fare e che mi appassionava fortemente.
Tredici domande per Vinitaly, 13 convocazioni, un en plein che mi inorgoglisce non poco. Nel 2009 venni “reclutata” come caposervizio nello stand Trendy Oggi Big Domani di Luca Maroni, editore della Guida I Migliori Vini Italiani, degustatore e Talent Scout di aziende emergenti. Personaggio decisamente controverso, o lo apprezzi o lo detesti…non ci sono grigi. Mi sono ritrovata perfettamente in linea con il mio “capo” e quando assaggio un vino che mi piace con un rapporto qualità prezzo ragionevole lo apprezzo ancora di più e mi congratulo con il produttore.

Il vino del mio cuore…il Collio Bianco! Adoro gli uvaggi e in particolare quelli ottenuti da vitigni bianchi. Vini eleganti, che si lasciano bere con tutto. In Friuli Venezia Giulia rappresenta una grande tradizione, ottenuto dai vitigni autoctoni: Friulano, Ribolla Gialla, Malvasia, talvolta con Pinot Bianco o Sauvignon. Vitigni che insieme danno un vino importante che per molti produttori rappresenta proprio il core business dell’azienda al punto tale da produrre solo questo e basta! Più che tradizione di uvaggi vera e propria io parlerei di abitudine, una volta, nelle vigne i filari erano misti, si raccoglieva tutto e si vinificava tutto insieme…così, semplicemente. Il Collio Bianco, nelle versioni più semplici regala vini freschi, profumati e beverini e nelle versioni più importanti, con passaggio in legno, regala vini strutturati e complessi, di grande persistenza, decisamente indimenticabili, da bere sempre, dall’aperitivo, a minestre e risotti, tutti i piatti di pesce fino ad arrivare alle carni bianche. Ogni Produttore una scoperta.
Il mio motto? Non serve aspettare un’occasione per aprire una bottiglia importante…l’occasione siamo noi!

Liliana Savioli
Liliana Savioli

Liliana Savioli e la sua Vitovska
Sono sempre stata una sportiva e una curiosa. Avevo due sogni. Imparare ad andare in barca a vela e capire i vini. La vita, la famiglia, il lavoro mi hanno tenuta distante da questi sogni per molto tempo. Poi le cose sono cambiate e allora ho avuto la possibilità di concretizzarli entrambi. Trasferirmi da Padova a Trieste, per amore, mi ha fatto conoscere il Golfo di Trieste, dove poter veleggiare in sicurezza, e l’amato altipiano Carsico. Passeggiando per i sentieri si attraversano le vigne, si vede la poca terra rossa ricca di minerali che riesce appena a coprire la roccia calcarea, si capisce il duro lavoro per coltivarle. Finite le scarpinate è normale concludere la giornata in Osmiza, la casa dei produttori carsolini, dove si beve il vino da loro prodotto. Vini unici, non facili, che però ti ammaliano. Così ho voluto capirne di più e nel 1999 ho iniziato il mio percorso. Un lungo percorso che mi ha portato a diventare sommelier, degustatore ufficiale, direttore corso, relatore. Poi una svolta verso il piacere non solo di raccontare a voce ma anche di scrivere di vino e abbinamenti collaborando con una rivista regionale. L’essere diventata giornalista pubblicista non l’avevo mai sognato ma è stato un traguardo che mi ha riempito di felicità e aperto nuove prospettive. Un’altra svolta decisiva alla mia presenza nel mondo enoico è stata nel entrar a far parte della grande famiglia di Vinibuoni d’Italia. L’unica guida che recensisce solo vini prodotti da vitigni autoctoni, edita da Touring Editore. L’essere coordinatrice regionale è un impegno di grande responsabilità ma estremamente gratificante che mi porta ad essere in contatto con tutto il panorama regionale.

Il mio vino del cuore non può che provenire dal mio amato Carso. La Vitovska. Un vitigno rustico, che riesce a sopportare, con le sue lunghe radici che entrano profondamente nella roccia, le sferzate del vento di Bora e le estati siccitose come gli inverni gelidi, che riesce a donare un vino con un’anima delicata ma con un carattere deciso. La sua buccia spessa permette sia la vinificazione in bianco che in rosso. Ne derivano due vini con anime diverse. Un’anima esile e garbata attraverso la vinificazione tradizionale, l’altra più rustica e espressione del mondo carsico ancestrale con la lunga macerazione. Anche se apprezzo la prima, il mio essere ribelle e rustica mi porta a ricercare spesso la seconda. Mi affascina il suo colore ambrato con mille pagliuzze dorate che creano effetti caleidoscopici, i sentori minerali e di landa e di albicocca e di glicine e di incenso, il gusto sapido e croccante e avvolgente e leggermente tannico, la sua potenza, la verticalità, il non voler lasciarti mai. Può essere abbinata con quasi tutto però il matrimonio perfetto è con gli gnocchi di patate ripieni di susine condite con burro fuso zucchero e pan grattato, tipico piatto di questo aspro ma dolce territorio che può essere degustato sia come primo piatto che come dolce. Il mio motto? Non smettere mai di essere curiosa e ascoltare. C’è sempre da imparare, da tutti!

Contributo raccolto a cura di Camilla Guiggi, giornalista e sommelier

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