Vitigni d’Abruzzo: Trebbiano d’Abruzzo

Vitigni d’Abruzzo: Trebbiano d’Abruzzo

Trebbiano d'Abruzzo (ph http://catalogoviti.politicheagricole.it)

Il Trebbiano d’Abruzzo è un vitigno autoctono dell’Abruzzo, di cui ci parla in questo post la Donna del Vino e Travel and F&B Blogger Graziella Di Berardino (blog Random Notes About my Travels)

Come e quando hai deciso di diventare sommelier?
Il mio percorso è iniziato nel 2007 quando ho avuto la fortuna di conoscere Gianni Masciarelli. Cercava una export manager. Lui ha cambiato la mia vita e gliene sarò per sempre grata. Grazie a Gianni Masciarelli sono entrata a far parte del mondo del vino; mi chiese di studiare, di approfondire la materia, di diventare uno strumento di conoscenza e di dare quel valore aggiunto che solo lo studio coniugato all’esperienza può dare. Mi iscrissi ad un corso di sommelier. E da quel momento la mia avventura nel mondo del vino non si è più fermata. Grazie Gianni.

Graziella di Berardino
Graziella di Berardino

Quali sono state le tue esperienze professionali più importanti?
Ho sempre trovato affascinante insegnare ai venditori e agenti stranieri la cultura enografica italiana ed essere così di supporto alle vendite. Alcune volte mi sono sentita un menestrello che va da paese in paese a cantare del vino. Anziché la “Chanson de Roland” racconto la “Chanson du vin”, e come strumenti ho il tast de vin ed il cavatappi invece del liuto.
Mi piace far visitare le vigne, le cantine e far conoscere il sapere delle mani. È straordinario vedere lo stupore nei volti di chi tocca la zolla della terra e ne percepisce l’odore e la fatica del lavoro che è dietro ogni singola goccia.

Il tuo vino del cuore scelto tra i vitigni autoctoni, perché e con quale cibo lo abbineresti e con chi lo berresti?
Straordinario nel suo ordinario: Il Trebbiano d’Abruzzo.
“Like quite a few others in the wine media in New York last week I was invited to a tasting of the wines of Valentini, the great producer in Abruzzo. The word “great” rarely appears in the same phrase as Abruzzo, as this region on the Adriatic coast of Italy is better known for inexpensive, mass – produced wines than for greatness .”
Eric Asimov, introduce con queste poche parole, la sua degustazione dei vini del grande Edoardo Valentini.

Gli aggettivi, che spesso dimentichiamo e usiamo impropriamente, nel mondo del vino qualificano, quantificano e descrivono. Eppure quel “grande raramente accostato all’Abruzzo” non rende il valore degli sforzi, delle sfide intraprese e della enorme diversità del territorio abruzzese. Fortunatamente, il giornalista ha la possibilità di assaggiare i vini di chi con straordinaria tenacia ha portato avanti coraggiose battaglie dell’enologia abruzzese: Edoardo Valentini.

I vignaioli, gli agronomi, gli enologi e tutte le altre figure che si prendono cura della vigna e dei suoi prodotti possono dar il senso dell’ordinario, forse anche dell’ordine ma se si sposta l’attenzione all’insieme il quadro diventa straordinario.

Il terroir abruzzese e il Trebbiano d’Abruzzo sono un binomio sicuro ed una ottima espressione del patrimonio vitivinicolo, non solo dell’Abruzzo ma dell’Italia intera. Ma accostandovi “artigiani “o“Maestri” come Valentini, ecco materializzarsi l’eccellenza capace di stupire anche uno scettico come Asimov.

L’Abruzzo con i suoi inverni rigidi e piovosi e con l’intenso caldo estivo rende il Trebbiano d’Abruzzo immediatamente riconoscibile: naso e bocca – armonici e coerenti – restituiscono sensazioni di sapidità e tostatura. Note balsamiche non invadenti lasciano spazio a quelle aromatiche di salvia e timo, quando il vino è lasciato aprire qualche istante. Buona acidità, un registro aromatico intenso e complesso: al naso spiccano i profumi della macchia mediterranea e poi, si riconoscono le bacche di ginepro e la nocciola.

Da abbinare con le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio: piccole e molto saporite. Una minuscola lenticchia di pochi millimetri di diametro, globosa e di colore scuro, marrone-violaceo. Cresce intorno ai mille metri di altitudine solo sulle pendici del Gran Sasso, ma alcune coltivazioni si spingono fino a 1600 metri; è intorno ai 1200 metri che danno i risultati migliori. Per le loro piccolissime dimensioni e l’estrema permeabilità, le lenticchie di Santo Stefano di Sessanio non hanno bisogno di alcun ammollo preliminare. Sono straordinariamente saporite e il modo migliore per apprezzarle è una zuppa molto semplice: bisogna coprirle con acqua e aggiungere spicchi d’aglio scamiciati, qualche foglia di alloro, sale, olio extravergine e portare quindi a leggera ebollizione, a pentola chiusa. Da servire con qualche crostino. Bisogna ricordare che non si tratta di una lenticchia qualsiasi ma di un biotipo preciso selezionatosi in questa zona da tempi immemori.

Qual è il tuo motto?
Il tempo non ha bisogno di orologi.

Contributo raccolto da Camilla Guiggi, Sommelier e Donna del Vino della Lombardia

There are 3 comments
  1. Mara Tramontan

    È bello vedere le donne aggirarsi con competenza e sicurezza in campi che fino a ieri erano prettamente maschili, ma soprattutto sanno rendere anche con le parole i profumi e i sentori del vino, come se lo assaggiassimo con loro….

  2. Elena Roppa

    Cara Mara, grazie per il prezioso commento, che ci fa capire che siamo sulla strada giusta!

  3. DONATELLA BRIOSI

    Magnifica testimonianza di un Abruzzo sempre più importante, affascinante, da apprezzare e da scoprire, con il cuore e con la mente. Brava Graziella e, sempre Forza Abruzzo!

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